La storia di Luca

“Essere donna non è un dato naturale, ma il risultato di una storia. Non c’è un destino biologico e psicologico che definisce la donna in quanto tale. Tale destino è la conseguenza della storia della civiltà, e per ogni donna la storia della sua vita.”
Simone De Beauvoir

Luca è un ragazzino di undici anni, ha tutti dieci a scuola dalla prima elementare. Luca ha una malattia autoimmune che, in condizioni di stress, comporta delle recidive.

La mamma è sottoposta da otto anni a procedimenti giudiziari, due anni in più rispetto a quei sei anni stabiliti dalla legge Pinto come limite alla definizione di “giusto processo”: al di fuori quindi di ogni lunghezza immaginabile. Luca la sua vita la vive nelle more di questo procedimento, da quando era molto piccolo fino a oggi, che è quasi adolescente.

“Tutto inizia nel 2013 con la denuncia, da parte della madre, di condotte moleste del padre, riferite dal figlio” dichiara il legale della madre. Il padre, dal canto suo, sporge contro la madre ventiquattro querele. Sotto l’egida della conflittualità, tutte le querele sono archiviate, inclusa quella della madre. Sono i servizi sociali ad ascoltare il bambino e a stabilire incontri con il padre solo in forma protetta, che saranno sempre effettuati.

Ciò che sconvolge la vita di Luca sono due consulenze tecniche di ufficio (CTU): la prima nel 2013, la seconda nel 2018. La CTU del 2018 in particolare formula l’accusa di “alienazione parentale” grave, il costrutto inventato dal controverso medico americano Richard Gardner secondo cui se un bambino rifiuta la relazione con un genitore, dopo la separazione, ha sviluppato un “disturbo” (la PAS appunto, Parental Alienation Syndrome) come risultato della manipolazione dall’altro genitore, la madre.

Perché un disturbo? Perché questa categoria produce confusione e non richiede prove oggettive e verificabili, e infatti, anche oggi, l’assenza di contraddittorio e di prove per dimostrare la presunta alienazione è il tratto distintivo delle cause come quella di Luca. La madre di Luca decide di denunciare la consulente tecnica della CTU del 2018 che attualmente è imputata per falso ideologico in atto pubblico. Luca subisce un primo decreto di allontanamento con richiesta di casa-famiglia nel 2019, ma la sentenza di appello revoca questo primo ordine.

La vita di Luca a quel punto sarebbe potuta cambiare, ma alla madre viene contestato il fatto di non avere ottemperato alla richiesta del giudice con riferimento a una serie di incontri del minore con il padre. Circostanza negata dal legale della madre, nonostante questi incontri si svolgessero presso un centro di psicoterapia lontanissimo dalla casa del ragazzo e nonostante fosse sopraggiunta la pandemia: il tribunale dei minori si accanisce.

Luca è quindi oggetto di un secondo decreto di allontanamento dalla madre con divieto di contatti a tempo indeterminato con lei e decadenza della responsabilità genitoriale della stessa madre. La corte di appello, cui la madre si rivolge nuovamente, rigetta questa volta la richiesta di sospensiva. È la Cassazione questa volta a emettere una sentenza straordinaria, che pone il richiamo alla sindrome da alienazione parentale fuori dallo stato di diritto e annulla il decreto di allontanamento.

Luca ancora una volta è salvo, ma la battaglia della madre non è ancora finita.