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Cos'è la violenza di genere

Il fenomeno

“Siamo state amate e odiate,
adorate e rinnegate,
baciate e uccise,
solo perché donne.”

Alda Merini

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 20 dicembre 1993, ha dichiarato che “il femminicidio è la manifestazione di una disparità storica nei rapporti di forza tra uomo e donna che ha portato al dominio dell’uomo sulle donne e alla discriminazione contro di loro, e ha impedito un vero progresso nella condizione della donna”. Questa definizione, relativa all’azione di uccidere una donna in quanto donna, può essere applicata al fenomeno della violenza di genere in tutte le sue sfumature. Una discriminazione che trova la sua origine ancestrale in una disparità dei rapporti di forza tra donne e uomini, consolidatasi nel tempo e comune al genere femminile. Si potrebbe obiettare – e sarebbe corretto – che al genere si sono aggiunte ulteriori forme discriminatorie, tali da rendere, ad esempio, una donna bianca, eterosessuale e benestante, meno “a rischio” di una donna non autonoma finanziariamente, di colore o omosessuale. Cercheremo nel tempo di collocare la violenza di genere in una complessità di rapporti di forza più globali, avendo come direzione portante quella di contribuire a indicare la strada per realizzare una emancipazione reale delle donne, sia a livello individuale sia a livello collettivo, tenendo bene a mente le condizioni e la cultura di partenza.

La violenza di genere viene successivamente definita in modo chiaro nell’art. 3 della Convenzione di Istanbul (“Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica”), convenzione adottata dal Consiglio d’Europa l’11 maggio 2011, siglata da 44 Stati del Consiglio d’Europa e ratificata da 27 Stati, tra i quali anche l’Italia. Ne parliamo nel paragrafo “Definizioni” (link).

La violenza di genere è una questione strutturale globale, come ci dice il primo rapporto mondiale sulla violenza elaborato dall’ONU nel 2013 che lo definisce “un problema sanitario di dimensioni epidemiche”. Il dato shock del report, che analizza 141 ricerche in 81 Paesi, è che il 35% delle donne subisce nel corso della propria vita una qualche forma di violenza. Dati confermati anche negli studi successivi. UN Women (l’entità delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne), nelle parole della signora Sima Bahous, Direttrice dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Uguaglianza di Genere e l’Empowerment femminile UN Women, ha descritto la violenza di genere come “una crisi globale”. Secondo le ultime stime globali, quasi una donna su tre di età pari o superiore a 15 anni è stata sottoposta a violenza fisica e / o sessuale almeno una volta nella vita. Numeri in gran parte invariati nell’ultimo decennio, che non riflettono l’impatto del COVID-19.  

Recentemente si è iniziato a considerare questo fenomeno al pari di mafia e terrorismo. In Europa, le Commissioni per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) e per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere (FEMM) hanno proposto una iniziativa a carattere legislativo che punta a includere la violenza di genere tra le “sfere di criminalità”. Un approccio seguito anche dalla Commissione Femminicidio del Senato che, nella XVIII legislatura, ha parlato di fase simile a quella che caratterizzò la lotta alla mafia dopo gli omicidi di Falcone e Borsellino, grazie a una presa di coscienza collettiva e a una mobilitazione potente che partì dal basso, rappresentando un salto di qualità importante nella lotta alla mafia. È necessario prendere coscienza che la violenza di genere risiede nella cultura patriarcale, che è uscita dalle norme ma non dalla società.

Il fenomeno della violenza maschile contro le donne, oltre a essere diffuso e strutturale, presenta un altro tratto ormai ampiamente conosciuto. Sempre riferendosi al rapporto ONU, ma tutte le ricerche convergono, il 38% delle donne uccise, sono state uccise dal partner o ex-partner. La violenza di genere si consuma prevalentemente all’interno delle mura domestiche, non necessariamente intese in senso fisico, all’interno cioè di quegli spazi intimi che dovrebbero rappresentare il luogo più sicuro – le famiglie – e che invece spesso si trasformano in teatri degli orrori. Ecco che qualunque forma di emancipazione della donna deve passare attraverso una riflessione sui ruoli all’interno dello spazio familiare.

Riferimenti bibliografici