Sentenza storica della CEDU

Sentenza storica della CEDU contro la violenza istituzionale e a favore delle madri protettive

La Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) ha condannato l’Italia per aver violato l’articolo 8 della Convenzione (diritto al rispetto della vita privata e familiare) costringendo i figli minorenni della donna a incontrare per tre anni il padre accusato di maltrattamenti nonostante lo stesso continuasse ad esercitare violenza e minacce durante gli incontri protetti disposti dal Tribunale. La CEDU ha stigmatizzato la prassi diffusa nei tribunali civili italiani di considerare le donne vittime di violenza domestica che non adempiono all’obbligo di effettuare gli incontri dei figli con il padre e che si oppongono all’affidamento condiviso, quali “genitori non collaborativi” e quindi “madri inadatte” meritevoli di punizione (così come segnalato anche dal Grevio). La CEDU ha accolto il ricorso della avvocata Rossella Benedetti dell’ufficio legale di Differenza Donna per una donna seguita dal centro antiviolenza Casa Rifugio Villa Pamphili di Roma Capitale.

Elisa Ercoli, Presidente di Differenza Donna, ha commentato così: “siamo felici, soddisfatte, orgogliose, di questa sentenza storica che ristabilisce cosa vuole dire giustizia e cosa vuol dire protezione. Un grande riconoscimento per uno strenuo lavoro politico che continuiamo a portare avanti perché nessuna donna soffra più violenza istituzionale, perché nessun bambino/a venga strappato dalle braccia della mamma, perché nessun tribunale sottovaluti la violenza maschile che è e rimane una grave violazione dei diritti umani e che richiede un enorme sforzo delle Istituzioni per uscire da un guado culturale che relega il nostro Paese in un ambito arretrato e compiacente. Oggi è una bella giornata: i diritti delle donne madri e delle bambine/i è pienamente affermato. Vigileremo perché non avvenga e perché ogni Tribunale senta il peso di questa storica sentenza”.